18.2.10

differenza, ripetizione

"Checca" è diminutivo di Francesca - e ciò non toglie che io possa essere l'amico checca di qualcun_.

"Kekka" è un'autobiografia standard che ammette variazioni sul tema tipo optional personalizzabili presso il concessionario. Infatti "no kekke" è un ossimoro al quadrato - cioè resta ricerca-di-ciò-che-si-rifiuta sia che crediamo che il simile cerchi il simile, sia che ci si affidi a sensalità discendenti dall'assioma della complementarietà (due casi che poi sono sempre le metà della solita mela ammuffita).

Compiti per i tempi morti: autoritratto ovvero il checcazzo.

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ho citato: la forma-base di numerosi annunci di autopromozione gaya in social network dedicati; Platone; reminescenze di matematica.

In sintesi estrema qui ci stava scritto che "kekka è un'eterobiografia".
Mi spiego sui prefissi in modalità Crocerossina Urbana (cfr. peace-ano in Passato di finocchio).
"Checca" è la forma ortografica (cioè scritta rettamente, gr. orthos) di quello che viene scritto anche "kekka", o chekka, o kecca, etc... Se la scelta grafica connota chi la compie, scrivere nell'uno o nell'altro modo è biografico.
orthos in ortodossia è dritto, straight; pensate a eterodossia, dove heteros diventa deviato, queer.
etero- come altro- vs. auto- come fatto-da-sé (eteronomia/autonomia). l'autobiografia.
"checca" è ortografico e anche omo-grafico, perché tutte le checche sono uguali (sennò non le si direbbe "giuste", dritte, (cor)rette).
le kekke non sono omo perché possono sempre differenziarsi per k opzionali. e se non è omo- sarà etero-.
dunque kekka è un'eterobiografia nella misura in cui è un'alternativa gentilmente concessaci da terzi che assurge a biografia in quanto - consciamente o meno - forma grafica scelta. ma l'omobiografia (checca) sarebbe (è) ortografica, quindi anch'essa etero. allora l'alternativa è falsa.

Echeccazzo.
Già, e "checcazzo"?

17.2.10

spiegato con i disegnini

su segnalazione e ad integrazione della già esauriente disamina di femminismo a sud,
ma dal punto di vista del comunismo, così lo capisce anche ferrero

(col poscritto implicito che i vincoli d'abbigliamento imposti al genere maschile sono sempre meno dolorosi e fisicamente estenuanti di quelli imposti alle donne, provare per credere)

8.2.10

-7 se stai morendo, non importa

dell'uso dei tappi di cera per gli occhi

Il fattaccio risale nientepopodimenoché agli inizi di novembre. E siccome le disgrazie non vengono mai da sole perché hanno bisogno di una mano che le aiuti, è utile riportare la cronologia.
Il 14 maggio venne presentato il nuovo sito del ministero delle PPOO[lc 1]. Ogni riferimento all'omosessualità e alla lotta all'omofobia era stato rimosso.
L'estate del 2009 è segnata da una peculiare attenzione mediatica a fatti di cronaca nero-arcobaleno. Si noti che gli eventi in questione si caratterizzano di per sé per un alto impatto estetico e giornalistico. Non siamo all'ordinario pestaggio per vicoli e mura domestiche, ma all'eclatante, all'invasione del ghetto, allo sconfinamento in luoghi considerati sicuri.
Quanto accade a Roma - ma anche in ogni altro angolo d'Italia - suscita le risposte più incredibili, fino alla fiaccolata cui vuole partecipare anche Forza Nuova, millantando di avere sempre inserito nel proprio programma misure a tutela dell'omosessualità [io, ovviamente, mi sono andato a leggere il programma dal sito e non c'è niente del genere, ndr].
Sorvolo aristocraticamente sui siparietti televisivi, che potete andare a rivedere su youtube.
Il Governo fa arrivare la sua risposta in autunno inoltrato e finalmente propone al paese uno spot TV in fascia casalinga[1]&pensionato.
Eccolo qui.



Si tratta del primo spot anti-omofobia mandato in onda in Italia dai tempi di Fatti più in là [pausa di sospiro per gli show di Renzo Arbore] [pausa di sospiro per essermi reso conto di avere addirittura sospirato per Arbore] [metariflessione sul tema "mi sono ridotto a «ma come ci siamo ridotti»", omissis].
In un momento imprecisato degli anni '90, un manifesto dell'arcigay diceva esattamente la stessa cosa di questo spot, e anche un po' meglio.

Per favore, aiutatemi a tirare una sequela di bestemmioni.
Il messaggio è: quando ne va della tua vita, l'orientamento sessuale di chi ti sta salvando è irrilevante.
Ad una lettura superficiale, lo spot del ministero appare banale e inutilmente inquietante.
In una prova comparativa, vince di brutto il manifesto vecchio di 15 anni, per molti motivi:
- dice che l'omosessualità non cambia le cose, non che non importa
- non ti interpella chiedendoti se vuoi saperlo, ti informa del fatto che lo è
- fa uso di una figura ero(t)ica e non di una figura magica [2]

Visto che però sui siti "dedicati" mi è capitato di leggere poco o niente riguardo allo spot - fatta eccezione per qualche disdicevole "finalmente!" - mi prendo tutto lo spazio che serve per approfondire, e mi dilungo senza paura.
Quindi ricomincio daccapo.
Il quadro è emergenziale, il paziente è grave, l'ambulanza va a sirene spietate - le quali sole ci preannunciano sibillinamente tranelli da Odissea[lc 2]. Il consenso dello spettatore è ottenuto preventivamente attraverso alcuni passaggi fastidiosi ai quali si aderisce subito. È evidente che le prime due domande sono pretestuose (somiglianze, scarpe). Per affiancamento, anche la terza deve esserlo. L'orientamento sessuale ha rilevanza pari al numero di scarpe. I portatori di scarpe 46 non hanno né associazioni né movimenti più o meno organizzati che reclamano pari diritti o che intendono in qualche misura cambiare la società. Politicamente, sul piano della pura rivendicazione, questo spot è un rullo compressore.
Si vedono chiaramente, e sono ritenuti degni di primi piani, la paziente, il giudatore dell'ambulanza e l'infermiere. Delle due simpatiche tute verdi vediamo a stento i volti, da lontano, per poco più di un secondo. Simbolicamente, c'è qualcosa che non va. Per di più, quando entrano in scena la voce narrante si fa più grave, il rumore di sottofondo scompare, l'immagine dissolve in nero... all'ingresso della sala operatoria. È un po' difficile leggervi dei buoni auspici, e lasciamo stare le grandi speranze. In italiano corrente si colloca tra lo sconfortante e il tetro.
Vista la quantità di finocchi notoriamente finiti in pronto soccorso in seguito ad aggressioni, tanto valeva farci fare la parte della vittima, anziché quella del medico. Sul piano del tempismo, lo spot è volutamente un fiasco[3]. Se si era tentata un'amara ironia, informo i creativi che hanno fallito. È uno sfracello.
Lo slogan finale è schizo. Roba che se ci pensi e provi a mettere il tutto in pratica finisci dritto dritto a psichiatria. Dopo avermi fatto tremare le vene ai polsi per dirmi che la finocchiaggine non importa mi dite non essere tu il diverso? Cioè, scusa, mi stai ripetendo che il finocchio, lui, è diverso dopo avermi detto che questa differenza non può contare? E, contemporaneamente, mi dici che diverso è male, sennò potrei esserlo anche io, invece non debbo esserlo. Siamo al rompicapo. Un cruciverba autodefinito con gli incastri sbagliati. Sminuzziamo.
Tra le persone esistono delle differenze. Tali differenze, se stai morendo, non importano. Volendo, non importano mai. Quindi chi è diverso non importa che sia diverso, in fondo in fondo non è poi tanto diverso. Ottenuto che essere diversi è irrilevante, appare una didascalia criptica: non essere tu il diverso. Come scrivere "copricapo tradizionale copto" accanto a un'anfora. Sorgono alcune domande, spontaneamente.
- Chi sarebbe il diverso se non sono io? Cioè, tecnicamente direi che è il finocchio, ma tutto lo spot mi dice di non dirlo...
- Perché non devo essere il diverso se esserlo è irrilevante?
E qui casca l'asino. Perché qui si dice che il finocchio che pensa che la sua diversità sia rilevante e importante è tanto condannabilmente diverso quanto l'omofobo svasticato. L'ingiunzione a mondarsi della colpa della diversità è diretta a tutti indistintamente. Se, al pari del numero di scarpe e delle somiglianze genitoriali, l'omosessualità si facesse invisibile otterrebbe quell'irrilevanza diluiti nella quale nessuno ci picchierà.
Se un nero fosse bianco non sarebbe oggetto di razzismo. Se un ebreo non fosse ebreo non rischierebbe ustioni fatali. Se un finocchio non sembrasse un finocchio non sarebbe oggetto del contundere. E se una donna fosse un uomo suo marito non la picchierebbe.
Compiti per il tempo libero: immaginate lo stesso spot destinato ad altri gruppi oggetto di violenza.

Sarebbe bastato guardare ovunque oltre i confini nazionali, in una qualsiasi direzione, per trovare una roba che la traducevi e oplà, fatto. Il massimo del risultato con il minimo dello sforzo lo si poteva ottenere con questo:



...è non è perché i crucchi le cose le fanno meglio in quanto crucchi, è perché quello è uno spot anti-violenza promosso da un'associazione gay, il nostro è uno spot promosso da un ministero che ha rimosso il tema dal suo stesso sito e da un governo che l'ha cancellato dall'agenda politica.

considerazioni stilistiche sul post
Ovviamente questo spot offre a qualsiasi mente non bacata un numero potenzialmente illimitato di spunti per fare sfoggio di brillantezza. Il problema della brillantezza sta nel suo essere abbagliante. Nell'economia corrente dei blog finocchi, già maldestramente trattata, competere in brillantezza ci sta portando a nascondere tutto con una luce accecante. I tentativi di formulare pensieri di pura luce [4] li trovo pregevoli e talvolta entusiasmanti. Ironizzare tra l'acido e il brillante sul contenuto di questo spot avrebbe avuto però solo l'effetto di celebrare chi scrive. Solo che chi scrive è più interessato a non finire in macelleria che a diventare celebre.

note
lc è abbreviazione qui standard per lurida checca, deprecabile in quanto lurida ma non lurida perché checca, sia chiaro
[lc 1] Abbreviazione per Pari Opportunità. Nelle abbreviazioni il raddoppiamento indica il plurale, come in p. per "pagina" e pp. per "pagine". Questa nozione extra, scoprendo la quale non ti sei elevato al di sopra della massa, ma sei solo un po' più vicino alla soglia minima di scibile democraticamente necessario, non può diventare in alcun modo argomento di conversazione. Chi scrive declina pertanto ogni responsabilità circa gli improperi che potrebbero giungere a qualsiasi lc che facesse un uso da lc di tale nozione.
[1] No, non ce l'ho con la Casalinga. Sarebbe come avercela con la Cavallinità. Ma è un fatto demograficamente e statisticamente rilevante che le mogli degli odierni pensionati siano prevalentemente (ex)casalinghe. A scanso di equivoci, si sappia che impasto e stendo delle lasagne encomiabili su tavoli lindi in una cucina vissuta.
[2, per abili solutori] Ovvero, cosa è possibile pubblicizzare con ER e cosa è invece possibile pubblicizzare con CSI? Quando il medico salva una vita, lo fa in un modo che è più simile a quello di uno sciamano - due milligrammi di atropina, vaporizzate sevoflurano e abracadabra qui - mentre svolge un rito che a quello di un Indiana Jones che improvvisa. Superfluo sottolineare come questa scelta semantica influenzi pesantemente il tono del messaggio - e questo di per sé, a prescindere dal tono orribilmente mutato della voce narrante che presenta i medici.
[lc 2] Nell'Odissea il protagonista - Odisseo o Ulisse - affronta innumerevoli insidie e peripezie. Tra queste, tutte rimaste celebri, c'è l'incontro con le Sirene, spietate donne-pesce divoratrici di marinai i quali si gettano tra i flutti affascinati dal loro canto. Ulisse impone ai suoi uomini di turarsi le orecchie con della cera per attraversare indenni i luoghi abitati da questi mostri. Lui però si fa legare all'albero della nave in modo da potere ascoltare il canto senza però potersi gettare in mare. Da cui il compiaciuto sottotitolo del post. Se non capisci non fa niente, non è grave, è solo un mio vezzo.
[3] Sì, volutamente, non perché ci sia un complotto, ma perché dei pubblicitari profumatamente pagati per fare il loro mestiere non si possono permettere di combinarla così grossa. Nella comunicazione sociale e pubblica l'incompetenza è strettamente dolo e non colpa. Quando si costruisce un messaggio finalizzato non c'è spazio per qualsivoglia accidentalità.
[4] Giuni Russo, Io Nulla, in Morirò d'amore, 13.