sono certo che, quando un kit portatile per l'analisi del DNA sarà disponibile su ebay a prezzi abbordabili con un salario precario, potrò smettere di essere vegetariano
se hai a cuore il mio problema - cioè se vuoi che non ti mangi per sbaglio ma insisti perché io mangi carne - fa' qualcosa
se pensi che potrei imparare a distinguere tra te e la scimmia, fa' qualcosa
ma non ti impegnare troppo con le distinzioni: potrei finire col mangiare i pesci, le scimmie, i rom e non te
o forse ti aspetti proprio questo?
un vegetariano all'attacco
La formulazione approssimativa della faccenda potrebbe essere, all'incirca: quando tieni una condotta eticamente orientata ma difforme dall'etica dominante, la struttura fondamentale delle obiezioni si articola lungo le linee della coerenza. Ad esempio:
"perché, se sei vegetariano, mangi le uova/i formaggi/usi pelle e pellame/le piante se non sei certo che non soffrano?"
"perché Greenpeace difende le balene ma non fa una campagna contro le centrali a carbone in Cina?"
"non faccio l'elemosina a lui sennò la dovrei fare a tutti..."
L'effetto è banalmente ottenuto mediante l'assolutizzazione e l'universalizzazione di un comportamento. Qualsiasi sforzo di cambiamento o di alterità mediana è bollato come insufficiente, cioè aggredito sulla sua tenuta logica, sul gap presunto tra ideale e capacità di metterlo in pratica: "non sei abbastanza aderente a quello che predichi". Il gioco è evidentemente reso possibile da un insieme di pregiudizi, per cui tutti sanno come e perché si comporta un vegetariano o greenpeace o un buddhista. Quello che perde, qui, è il vegetariano frontale, quello che al consesso di sarcofagi si autoproclama tale aspettandosi rispetto: il vegetariano che vota PD. Dopo l'autoproclamazione scatta inevitabilmente il vaglio critico, e un'intera tavolata dà al nostro dell'incoerente (quale effettivamente è). In alternativa dalla tavolata potrebbe partire lo sberleffo, che è fascista e contro il fascismo storicamente ha funzionato solo una cosa...
E allora la faccenda si potrebbe così riformulare: come fa un vegetariano a dire di essere vegetariano senza dire "io sono vegetariano"?
La soluzione del problema semiotico aprirà la strada a nuove strategie politiche, strategie che non prevedono il PD.
Elementi ulteriori (post scriptum):
a) non riesco a capire da dove viene fuori una cosa, un pregiudizio che mi pare cruciale, quello cioè per cui chiunque, per il semplice fatto di fare scelte diverse, dovrebbe dimostrarle o esibirle con delle pratiche politiche evidentemente conseguenti (per un un'animalista dovrebbe lavorare in un canile e cose simili). Cioè o sono in grado di giustificarmi o sono in grado di provare, con la pratica, il senso profondo (?) di quello che faccio (=di dimostrare che "ci credo").
b) ...tanto è inutile aspettarsi "rispetto" o "comprensione". Voglio dire: adesso che la risposta compassionevole non è più quella "giusta", il razzismo e il disprezzo vengono subito a galla, già smascherati. Battere sul tasto della comprensione e della sensibilità è predicare ai convertiti. Bisogna trovare altre strade. Bisogna riuscire a dire le cose in un altro modo.
c) non c'è il tempo di fare una lunga pedagogia del rispetto, del relativismo, dell'autodeterminazione: perché sono proprio i soggetti autodeterminati quelli che sono in pericolo adesso!
"perché, se sei vegetariano, mangi le uova/i formaggi/usi pelle e pellame/le piante se non sei certo che non soffrano?"
"perché Greenpeace difende le balene ma non fa una campagna contro le centrali a carbone in Cina?"
"non faccio l'elemosina a lui sennò la dovrei fare a tutti..."
L'effetto è banalmente ottenuto mediante l'assolutizzazione e l'universalizzazione di un comportamento. Qualsiasi sforzo di cambiamento o di alterità mediana è bollato come insufficiente, cioè aggredito sulla sua tenuta logica, sul gap presunto tra ideale e capacità di metterlo in pratica: "non sei abbastanza aderente a quello che predichi". Il gioco è evidentemente reso possibile da un insieme di pregiudizi, per cui tutti sanno come e perché si comporta un vegetariano o greenpeace o un buddhista. Quello che perde, qui, è il vegetariano frontale, quello che al consesso di sarcofagi si autoproclama tale aspettandosi rispetto: il vegetariano che vota PD. Dopo l'autoproclamazione scatta inevitabilmente il vaglio critico, e un'intera tavolata dà al nostro dell'incoerente (quale effettivamente è). In alternativa dalla tavolata potrebbe partire lo sberleffo, che è fascista e contro il fascismo storicamente ha funzionato solo una cosa...
E allora la faccenda si potrebbe così riformulare: come fa un vegetariano a dire di essere vegetariano senza dire "io sono vegetariano"?
La soluzione del problema semiotico aprirà la strada a nuove strategie politiche, strategie che non prevedono il PD.
Elementi ulteriori (post scriptum):
a) non riesco a capire da dove viene fuori una cosa, un pregiudizio che mi pare cruciale, quello cioè per cui chiunque, per il semplice fatto di fare scelte diverse, dovrebbe dimostrarle o esibirle con delle pratiche politiche evidentemente conseguenti (per un un'animalista dovrebbe lavorare in un canile e cose simili). Cioè o sono in grado di giustificarmi o sono in grado di provare, con la pratica, il senso profondo (?) di quello che faccio (=di dimostrare che "ci credo").
b) ...tanto è inutile aspettarsi "rispetto" o "comprensione". Voglio dire: adesso che la risposta compassionevole non è più quella "giusta", il razzismo e il disprezzo vengono subito a galla, già smascherati. Battere sul tasto della comprensione e della sensibilità è predicare ai convertiti. Bisogna trovare altre strade. Bisogna riuscire a dire le cose in un altro modo.
c) non c'è il tempo di fare una lunga pedagogia del rispetto, del relativismo, dell'autodeterminazione: perché sono proprio i soggetti autodeterminati quelli che sono in pericolo adesso!
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