17.4.09

-15 Ancora compiti per casa


Vergine (23 agosto - 22 settembre)
(per la settimana del 17/23 aprile)

"Un mio vicino parcheggia sempre il suo pick-up Chevrolet del 1967 ammaccato e arrugginito sulla strada di casa mia. E per questo lo ringrazio: il fascino sgangherato della sua macchina mi aiuta a tornare con i piedi per terra quando il perfezionismo mi toglie l'anima, o quando certi oggetti luccicanti e patinati cercano di ipnotizzarmi per farmi credere che solo loro possono essere considerati attraenti. Nella tua vita ci sono icone del genere, Vergine? Oggetti strani, ingombranti e anomali, ma a modo loro sublimi? Penso che nei prossimi giorni ricaverai molti più vantaggi del solito dal loro influsso."

Oggi parliamo del mio cervello. Un oggetto ammaccato, arrugginito e parcheggiato. Sicuramente strano. Spesso ingombrante. E sarebbe falsa modestia dire che non lo trovi a suo modo sublime. In una delle sei versioni del finale dell'incipit [-> qui], immaginavo un caffè versato direttamente sulle meningi, uno shampoo bollente a cranio scoperchiato. Metaforicamente, mi pare di averne assai bisogno.

Il mio cervello è lento e dorme tantissimo. È prevalentemente dedito ad attività di tipo onanistico e non soffre - ma per insensibilità, mica per benessere. Un cartesiano troverebbe la cosa problematica assai, vedendosi come indistinto dal proprio cervello. Io, che tutto sommato riconosco al corpo una certa rilevanza, potrei cavarmela meglio. Il fatto è che anche il mio corpo è prevalentemente dedito ad attività di tipo onanistico e, per sovrappiù, è anche causa della sua sofferenza, ottenuta mediante irripetibili secrezioni e irritazioni.

La cosa mi crea non poche difficoltà nel riuscire a tenere i piedi per terra, come potete facilmente immaginare. Tutto è fonte di richiamo, tutto è ipnotico. È tutto un "hmm, interessante!", "ah, però", "sì, figo". Non è facile vivere con un cervello completamente scriteriato. Si veda, ad esempio, il mio rapporto con questo stesso concorso.

1. Leggo del concorso, partecipo!, scrivo un incipit.

2. Va come va, si passa (venti giorni di ansia), poi casini e ritardi vari, sfavamento, la cosa finisce un po' nel dimenticatoio.

3. Gli organizzatori rettificano, scrivo freneticamente un racconto che praticamente non mi appartiene più (esteticamente, non giuridicamente) e da oggi riparte l'ansia dei voti, delle valutazioni, dei giudizi etc... la girandola delle incertezze (alla mostra delle banalità, perché, francamente, 6 testi su 21 valgono qualcosa, il resto è aria fritta).

L'aspetto patologico è il rivolgimento senza senso dell'ordine delle priorità. In fondo, medito, se uno finisce con lo scrivere un racconto nonsensical è perché si trova in una condizione di nonsense. Mi verrebbero in mente svariati altri sinonimi per descrivere questa cosa: limbo, impasse, ostacolo, smarrimento, confusione, perdita di orientamento... li scarto tutti. Il mio sublime cervello non riesce a trovare la chiave di volta. Non è un problema di fine, è un problema di struttura. Converrete, penso, che è un po' dura darsi una struttura quando a essere destrutturato è proprio l'organo che dovrebbe dare qualche struttura. Finisco con il subire completamente ogni aspetto della realtà che si presentae che, essendo più strutturato, si impone.

Insomma, è un gran casino. E, a dispetto della vulgata, il casino non è neppure particolarmente queer, essendo il queer metodologicamente perfetto. (Oggi poi ho scoperto che Eve Kosofsky Sedgwik è morta domenica, e non riesco manco a elaborare il lutto)

Proposte? Sono tutt'orecchi.

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